Ricordo Pier Giacomo Castiglioni

Memory of Pier Giacomo Castiglioni

Eugenio Guglielmi
Parlare della famiglia Castiglioni significa riandare alla grande avventura creativa del nostro Ventesimo Secolo, iniziata con il dannunzianesimo, il superamento del decoro eclettico, la nascita del Futurismo e le inquietudini esistenziali e sociali che portarono alla nascita delle Avanguardie artistiche.
In questo ambiente infatti operò lo scultore Giannino Castiglioni, colui che sicuramente più di altri, contribuì alla formazione del suo secondogenito Pier Giacomo. Poca attenzione è stata data a questo rapporto familiare a causa della difficoltà tutta nostrana nell’affrontare in modo pacato, al di fuori dell’ottica ideologica, le vicende culturali degli anni compresi tra il 1920 e il 1940, dividendo così il Novecento in due tronconi: il primo irrazionale e parto del Fascismo, il secondo dal 1945 in poi, con la nascita di una nuova Italia che quasi dal nulla ha creato tutto, manifestazione oggettiva del cosiddetto boom economico. L’eco di questa frattura e delle conseguenti contraddizioni future si potrebbero già riassumere nel clamoroso distacco di Roberto Papini e di Ardengo Soffici dalla Voce di Prezzolini, accusato dalla nuova generazione che si ritrovava nella rivista Lacerba, di essere il portatore di una sorta di “rivolta degli impiegati contro la genialità” mortificando l’apertura verso i futuristi e le avanguardie europee.
Pier Giacomo nato alle soglie della Prima Guerra Mondiale, aveva colto tutte queste istanze all’interno del grande laboratorio di scultura del padre, collaborando con lui come formatore di gessi, alternando letture di libri, sfogliando riviste, discutendo dialetticamente nel confronto tra tradizione e innovazione. L’interesse plastico non lo abbandonò mai, come dimostra l’esecuzione di una Via Crucis, della quale rimane una struggente Deposizione di proprietà della famiglia.
In effetti, l’opera di catalogazione e di studio che intrapresi tra il 2008 e il 2009 presso l’archivio dello scultore Giannino Castiglioni, mi permise di verificare come nella sua biblioteca fossero presenti molte pubblicazioni legate al tardo romanticismo e alla Secessione, messe in discussione dall’attenzione verso l’opera di Rodin e Medardo Rosso, fino a Libero Andreotti.
Il gusto creativo misto all’esempio paterno portarono inoltre Pier Giacomo ad innamorarsi della attività di incisore di medaglie eseguendo tra gli anni Trenta e Quaranta splendidi esempi per le ditte milanesi dei Fratelli Lorioli1 e Johnson, quest’ultima dove lo stesso Giannino aveva iniziato la sua attività di modellatore.
La scelta del Liceo Artistico come istruzione superiore, che per il periodo poteva essere valutata con una certa sufficienza da parte dei futuri colleghi architetti propensi alla più usuale formazione classica, si trasformò per Pier Giacomo in una eccezionale occasione creativa.
Infatti fin da giovinetto aveva dimostrato l’innata propensione ad esprimersi attraverso il disegno.
Per lui era naturale tenere in mano la matita e attraverso il continuo lavoro di rifinitura grafica l’immagine pensata prendeva forma, senza lasciare nulla alla casualità e all’incompiuto2.
Quest’attitudine lo segui per tutta la sua vicenda creativa, anche nelle successive esperienze con il fratello Livio, quando aprì uno studio comune con la collaborazione dell’amico Luigi Caccia Dominioni, già conosciuto all’università. Pier Giacomo era in grado nei lunghi estenuanti dibattiti comuni di perfezionare direttamente il progetto sul foglio, aggiungendo a ciò la capacità di modellare con la creta o la plastilina il prototipo finale, ritornando così ancora una volta all’esperienza paterna.
L’interesse e la ricerca nel campo del protodesign, si concretizzarono nel 1939 attraverso la collaborazione con la Phonola in occasione delle Triennali milanesi. Anche aderendo alle regole della progettazione razionalista, nello stretto rapporto tra forma e funzione, gettando così le basi dell’Industrial Design, Pier Giacomo non dimenticò mai la radice culturale che lo aveva portato direttamente alla Facoltà di Architettura quando ancora si guardava al disegno come base ineludibile per creare e progettare. Nascevano così le sue grandi e lucide invenzioni che sapeva, poi, con i fratelli sottomettere alle varie prove fino alla realizzazione del prodotto da commercializzare.
L’idea di come Pier Giacomo concepisse la formazione di un architetto è ben sintetizzata nella proposta per il Sigillo Araldico del Politecnico di Milano realizzato nel 1944 su una rielaborazione di un precedente modello di Luca Beltrami.
Approvato nello stesso anno da Piero Portaluppi, preside di quella facoltà dal 1939, lo stemma voleva sottolineare il legame tra la vecchia ottocentesca scuola boitiana e il nuovo Politecnico.
In un tondo dal bordo perlinato, secondo i canoni classici, sono raffigurati degli allievi intenti ad osservare il Maestro, architetto-filosofo che impugna un compasso di proporzione chino su una tavoletta; richiamando immediatamente l’armonico rapporto tra cultura umanistica e scientifica. Una tradizione mai sopita in Pier Giacomo anche durante la sua esperienza didattica presso lo stesso Politecnico subito dopo la laurea nel 1937, prima come assistente nella Cattedra di Composizione Architettonica I e Il e poi come incaricato titolare nella cattedra di Disegno e Rilievo.
Nei primi anni di laurea inizia anche la sua attività professionale3. Nel 1938 studia l’ampliamento della scuola elementare di Lierna dove la famiglia possedeva un’abitazione per le vacanze estive, mentre nel 1943 esegue nei canoni del più assoluto razionalismo, un progetto per una casa sul lago.
Contemporaneamente all’architettura, intervalla i primi lavori di design, col fratello Livio. Nel 1940 la già ricordata Radio Phonola e nel 1945 la maniglia Pomolo, forse il primo esempio italiano di studio ergonomico relativo al tema dell’impugnatura per aperture.
In tutte queste iniziali esperienze professionali, Pier Giacomo Castiglioni è cosciente che ogni attività artistica è riconducibile ai problemi che riguardano la scelta dei mezzi meglio rispondenti al risultato finale.
E un po’ il tema che riecheggiava in quel periodo e di cui Castiglioni avrà sicuramente riflettuto nei suoi studi giovanili di storia dell’arte, quando il Manierismo introdusse nuove regole che superarono quelle quattrocentesche, secondo cui l’opera artistica “formerebbe un organico indivisibile e immutabile tutto d’un pezzo”.
Fu infatti l’anticlassicismo di fine Cinquecento a considerare il risultato artistico come esemplare creativo composto da diversi elementi più o meno autonomi ed eterogenei.
Pier Giacomo portò all’interno dello Studio, anche dopo l’uscita di Livio nel 1952, queste colte e continue riflessioni fino alle estreme conseguenze, distruggendo per sempre l’obsoleto concetto estetico delle scuole accademiche, ancora presente anche in indubbi innovatori, come Gio Ponti, debitori alla regola che a singoli elementi di un’opera non sia lecito togliere ne aggiungere nulla, senza compromettere il valore artistico e di conseguenza l’aspetto estetico”.
Il superamento di questa limitativa interpretazione della progettazione, consentì a Castiglioni di creare opere, oggetti composti da diversi elementi indipendenti che solo una volta assemblati acquistavano quel valore di unicità e di inconfondibile marchio creativo e funzionale.
Questo si poteva già cogliere nella VI e VII Triennale di Milano del 1936 e del 1940, dove all’interno della mostra di Pagano, dedicata per la prima volta alla produzione in serie, i fratelli Castiglioni parteciparono alla rassegna dedicata all’apparecchio radio. Abbandonato l’involucro di sapore razional-futurista che in fondo veniva giudicato con il canone estetico dell’opera d’arte, Livio e Pier Giacomo daranno forma ad una radio rivoluzionaria che attraverso l’unione dei diversi componenti, diventava immagine diretta della sua funzione, completamente svincolata dalla scatola di contenimento degli elementi tecnologici in una regola che ritroveremo sempre, come negli schizzi per la poltrona San Luca e per la lampada Arco.
Dopo la parentesi bellica, dai primi anni Cinquanta in collaborazione con Achille fino al 1968, tutta l’attività dello studio fu contrassegnata dalla presenza creativa di Pier Giacomo. Ecco allora i grandi allestimenti tra i quali per le loro caratteristiche innovative, ricordiamo quelli per i padiglioni delle mostre Rai, in particolare alla XXVII Fiera di Milano, con la collaborazione grafica di Max Huber ed Erberto Carboni.
Ancora nel 1953 l’allestimento della Sala Movil del Padiglione Montecatini per la XXXI Fiera di Milano, arrivando al progetto dello Showroom Flos, che affrontava in modo completamente nuovo, il tema dell’architettura d’interni come marchio e immagine dell’azienda stessa e del suo prodotto.
Tale concetto anticipava di molto esperienze di grande successo come le future catene commerciali Fiorucci e le librerie Feltrinelli.
Una riflessione andrebbe anche fatta su Pier Giacomo architetto. Vorrei ricordare in particolare la ristrutturazione e l’ampliamento del Palazzo della Permanente, dopo i danni causati dai bombardamenti della seconda Guerra Mondiale.
La conoscenza e il rispetto della storia per la prestigiosa istituzione lombarda, dove il padre Giannino aveva collaborato attivamente fin dagli anni Venti sia come scultore che come membro di accettazione delle opere, furono sicuramente le linee di pensiero che permisero a Pier Giacomo di formulare una proposta consona al precedente progetto di Luca Beltrami, realizzato tra il 1883 e il 1885, contrapponendo il corpo verticale retrostante eseguito ex-novo.
E ancora il suggestivo edificio religioso dedicato a San Gabriele Arcangelo in Mater Dei realizzato nel 1956 a Milano in Viale Monza. La sobrietà delle forme architettoniche esterne, riprese dal mondo della cultura rurale lombarda, oggi ormai scomparsa, si fusero con la profonda ricerca di interiorità che Castiglioni manifestò in tutta la sua dimensione più profonda negli spazi liturgici interni, tuttora in grado di coinvolgere il fedele.
Era questo il risultato della sua costante curiosità verso la natura nel rapporto con il manufatto.
Come ben testimonia la figlia Giorgina, attraverso una costante e attenta lettura di realtà e avvenimenti, ciò si concretizzava nelle sue produzioni, dove l’edificio religioso “che contraddistingue la formulazione dello spazio architettonico e del prodotto destinato all’industria, assume un significato ampio e del tutto naturale, con il sorprendente risultato di rifletterne l’armonia”.
Ritroviamo tutto questo anche nella poco nota casa per vacanze ai Piani d’Invrea, localitá ligure vicino a Varazze, richiamo alle radici razionaliste delle primissime esperienze liernesi.
Un vero sperimentatore Castiglioni che non mancò mai di stupire per i suoi molteplici interessi. E il caso di tre quadri, pressoché inediti, e conservati gelosamente dalla figlia. L’opera di dimensioni maggiori è un pannello in verticale, nero su tela gialla che riprende quarantadue strisce ricavate da un metro sartoriale. Le altre più piccole sono serigrafie che riportano bianche lettere maiuscole su fondo rosso e turchino. Il loro titolo Ready Made non lascia dubbi sui riferimenti derivati dalle già ricordate avanguardie artistiche, in momenti in cui la cultura figurativa italiana si dibatteva tra la fine della tradizione e la ricerca di una nuova identità europea.
La mostra che ne celebra il centenario diventa, perciò un momento determinante per la conoscenza critica di un grande interprete del
Novecento che ha contribuito alla storia delle idee e del gusto estetico di un periodo irripetibile.

 

NOTE

1. In particolare per i Fratelli Lorioli Pier Giacomo esegui nove fusioni, le prime delle quali, dedicate ai Littoriali, risalgono al 1932. Nel 1933 realizza la medaglia per i Giochi Universitari Internazionali e nel 1939 quella per il Dopolavoro della Cassa di Risparmio di Milano.
2. Nel 1935 disegna la copertina per l’Almanacco della Famiglia Meneghina edito per la Casa Editrice Ceschina, su incarico del prof. Annoni del quale Castiglioni era stato allievo al Politecnico. Sue anche le figurazioni interne ai capitoli che sostituirono i tradizionali ornamenti. Dell’opera grafica rimangono, inoltre, numerosi schizzi a matita dedicati alla figlia Giorgina e alla moglie.
3. Al 1932 risale un curioso progetto di insediamento industriale denominato Accia 4. Pier Giacomo Castiglioni insieme ai consigli di Carlo Scarpa, fu determinante per le scelte che Dino Gavina fece tra il 1960-61 insieme a Cesare Cassina e Maria Simoncini per fare nascere la più prestigiosa azienda italiana di apparecchi illuminanti, la Flos.

 

Eugenio Guglielmi

Coordinatore scientifico della “Gipsoteca Gianninno Castiglioni”, Comune di Lierna

Talking about the Castiglioni family means revisiting the great creative adventure of Italy’s Twentieth Century, which began with D’Annunzio’s movement, the rejection of eclectic decorum, the birth of Futurism, and the existential and social anxieties that led to the birth of the art avant-gardes.
This is the environment in which the sculptor Giannino Castiglioni operated and it was undoubtedly he who more than anyone else contributed to the artistic development of his second son, Pier Giacomo. Little attention has been paid to this family relationship, due to our national inability to calmly address, beyond an ideological framework, the cultural events of the years between 1920 and 1940, thus dividing the Twentieth Century into two distinct phases: the first one irrational and the child of Fascism; the second, the post-1945 period, characterized by the birth of a new Italy that created everything out of virtually nothing, an objective manifestation of the so-called economic boom. The echo of this fracture and consequent future contradictions could already be seen in the sensational distancing of Roberto Papini and Ardengo Soffici from the Voice magazine edited by Prezzolini, who was accused by the new generation, which was writing for the Lacerba magazine, of being the bearer of a sort of “clerks’ revolt against genius”, thus degrading the openness towards the Futurists and European avant-gardes.
Born on the eve of the First World War, Pier Giacomo had captured all these trends from inside his father’s large sculpture workshop, while collaborating with him as a plaster caster, and alternating between reading books, leafing through magazines, and dialectically discussing the dichotomy of tradition and innovation. His interest in sculpture never abandoned him, as shown by his execution of the Stations of the Cross, of which a poignant Deposition, owned by his family, still remains.
The cataloguing and research work I did between 2008 and 2009 in the archive of the sculptor Giannino Castiglioni, allowed me to ascertain that his library contained a large number of publications on Late Romanticism and the Secession, challenged the presence of works on Rodin and Medardo Rosso, up to Libero Andreotti.
The combination of his creative taste and paternal example also led Pier Giacomo to fall in love with medal engraving. In the 1930s and 1940s he created splendid medals for the Milanese companies Fratelli Lorioli and Johnson; the latter was the mint where Giannino himself had begun his career as modeller.
The choice of Art School for his upper secondary education, which at the time could have been regarded with a certain degree of disdain by future architects inclined towards the more usual classical education, turned out to be an exceptional creative opportunity for Pier Giacomo.
From an early age he showed an innate inclination to express himself through drawing.
It was natural for him to hold a pencil in his hand: through a constant work of graphic refinement, the mental image would take shape, leaving nothing to chance and incompleteness.
This attitude followed him throughout his creative career, even in his later experiences in the studio he shared with his brother Livio and his friend Luigi Caccia Dominioni, whom he had met at university. During their long exhausting debates, Pier Giacomo was not only able to immediately fine-tune the project on paper, but could create a clay or plasticine model of the final prototype, thus once again drawing on the experience with his father.
His interest and research in the field of protodesign took concrete shape in 1939 through his collaboration with Phonola at the Milan Triennale. Even though he adhered to the rules of rationalist design, with its strict relationship between form and function, thus laying the foundations of Industrial Design, Pier Giacomo never forgot the cultural roots that had led him directly to the Faculty of Architecture at a time when drawing was still regarded as the unavoidable foundation for creating and designing. This is how his great and lucid inventions were born, which he would then submit to various tests with his brothers until achieving the final product to be marketed. Pier Giacomo’s conception of an architect’s training is well summarized in his proposal for the Heraldic Seal of the Milan Polytechnic, which he designed in 1944 by reworking a previous model by Luca Beltrami.
Approved in the same year by Piero Portaluppi, Dean of the Faculty of Architecture since 1939, the coat of arms was intended to emphasize the link between the old, nineteenth-century Boitian school and the new Polytechnic.
In a round seal with a beaded edge, according to classic canons, it depicts students intent on observing the Master, an architect-philosopher holding a proportional compass and leaning over a tablet, immediately evoking the harmonious relationship between humanistic and scientific culture. A tradition that Pier Giacomo never relinquished, even during his teaching experience at the Polytechnic immediately after graduating in 1937, first as assistant to the Professor of Architectural Composition I and II, then as Professor of Drawing and Architectural Survey.
His professional career also started in the first years after his degree. In 1938, he planned the expansion of the elementary school in Lierna, where his family owned a summer holiday home, while in 1943, he designed a project for a house on the lake that adhered to the strictest rationalist principles.
At the same time as these architectural projects, he began his first design work, with his brother Livio: in 1940, the aforementioned Radio Phonola, and in 1945, the Pomolo handle, perhaps the first Italian example of an ergonomic study of door handles.
In all these initial professional experiences, Pier Giacomo Castiglioni was aware that every artistic activity can be traced back to the problems related to choosing the means that best suit the final result.
It is a theme that resonated during the Mannerist period – on which Castiglioni certainly reflected in his youthful studies of art history – when this art movement introduced new rules that overturned those of the fifteenth century, according to which the artistic work “forms an organic, indivisible and immutable whole”.
The anti-classicism of the late sixteenth century considered the artistic result as a creative work consisting of several more or less autonomous and heterogeneous elements.
Even after Livio’s departure in 1962, Pier Giacomo carried these learned and constant reflections to their extreme consequences in the Studio, forever destroying the obsolete aesthetic concept held by academic schools, and even by undisputed innovators such as Gio Ponti, indebted to the rule that “it is not permissible to remove or add anything to individual elements of a work, without compromising its artistic value and consequently its aesthetic appearance”.
The rejection of this restrictive interpretation of design allowed Castiglioni to create objects composed of different independent elements that only once assembled acquired the value of uniqueness and unmistakable creativity and functionality. This could already be seen in the 6th and 7th Milan Trienniale of 1936 and 1940, where within Pagano’s exhibition, dedicated for the first time to mass production, the Castiglioni brothers participated in the section showcasing radios. Having abandoned the shell of rationalist-futurist flavour that was ultimately judged by the aesthetic canon of the artwork, Livio and Pier Giacomo created a revolutionary radio which, through the combination of different components, became a direct image of its function, completely free from the box containing the technological elements, following a rule that we will find again and again, as in the sketches for the San Luca armchair and the Arco lamp.
After the war, from the early 1950s, in collaboration with Achille, until 1968, all the studio’s projects were marked by Pier Giacomo’s creative presence. Hence the major installations, among which we remember, for their innovative features, those for the Rai exhibition pavilions, in particular at the 27th Fiera Milano, with the collaboration of graphic designers Max Huber and Erberto Carboni.
And again, in 1953, the installation of the Sala Movil in the Montecatini Pavilion for the 31st Fiera Milano, leading up to his last work: the initial project of the Flos Showroom, later developed by Achille, which addressed the theme of interior design as brand and image of the company itself and its products in a completely new way.
This concept long preceded highly successful experiences such as the future Fiorucci retail chain and Feltrinelli bookshops.
A reflection should also be made on Pier Giacomo the architect. In particular, I would like to mention the renovation and expansion of Palazzo della Permanente, after the damage caused by bombing during the Second World War.
His knowledge of and respect for the history of the prestigious Lombard institution, where his father Giannino had been actively involved since the 1920s, both as a sculptor and as a member of Acceptance of Works, were undoubtedly the lines of thought that enabled Pier Giacomo to develop a proposal in keeping with the previous project by Luca Beltrami, executed between 1883 and 1885, contrasting it with the newly constructed vertical tower behind it.
Also, the striking religious building, San Gabriele Arcangelo in Mater Dei, built in 1956 in Milan on Viale Monza. The sobriety of the external architectural shape, taken from the now vanished world of Lombard rural culture, merged with the profound search for interiority that Castiglioni expressed in all its depth in the internal liturgical spaces, which are still capable of drawing in the faithful.
This was the result of his constant curiosity for nature in its relationship with the artefact.
As his daughter Giorgina well testifies, through constant and careful reading of realities and events, this took concrete shape in his works, where the religious building “which distinguishes the formulation of architectural space and the product destined for industry, takes on a broad and entirely natural meaning, with the surprising result of reflecting its harmony.”
We also see all this in the little-known holiday house in Piani d’Invrea, a Ligurian town near Varazze, a work that evokes the rationalist roots of his very first experiences in Lierna.
Castiglioni, a true experimenter, never failed to amaze with his numerous interests. This is the case with three paintings, virtually unseen, that are jealously guarded by his daughter. The largest one is a vertical panel, black on yellow canvas, which shows forty-two strips obtained from tailor’s measuring tapes. The smaller ones are silkscreens displaying white capital letters on a red and turquoise background. Their title – Ready Made – leaves no doubt about the references derived from the aforementioned avant-garde movements, at a time when Italian figurative culture was caught in a struggle between the end of tradition and the search for a new European identity.
Therefore, the exhibition celebrating the centenary of his birth marks a significant opportunity to gain critical insight into a great interpreter of the twentieth century who contributed to the history of ideas and aesthetic taste of an unrepeatable period.

 

NOTES

1. In particular, Pier Giacomo created new casts for Fratelli Lorioli, the first of which, dedicated to the Littoriali, date back to 1932. In 1933, he designed the medal for the International University Games, and in 1939 for the Afterwork Club of the Cassa di Risparmio di Milano.
2. In 1935, he designed the cover for the Almanac of Famiglia Meneghina, published by the Ceschina Publishing House, on commission from Professor Annoni, who had taught Castiglioni at the Polytechnic.
The figures replacing the traditional decorations within the chapters were also his work. Further surviving examples of his graphic work are the numerous pencil sketches dedicated to his daughter Giorgina and his wife.
3. An intriguing project for an industrial plant called Acciaieria (Steelworks), a utopian interpretation of a production machine that was never made, dates from 1932.
4.Along with the advice from Carlo Scarpa, Pier Giacomo Castiglioni played an instrumental role in the choices made by Dino Gavina between 1960-61, together with Cesare Cassina and Maria Simoncini, to launch the most prestigious Italian lighting company, Flos.

 

Eugenio Guglielmi

Eugenio Guglielmi, scientific coordinator of the ” Giannino Castiglioni Gypsotheque”, Municipality of Lierna

© Tutti i diritti di riproduzione sono riservati.