6 ottobre 2018
October the 6th of 2018
Amiche e amici carissimi,
ieri sera è stata inaugurata alla Triennale una mostra intitolata A CASTIGLIONI, dedicata ad Achille Castiglioni, per celebrare il centenario della sua nascita, a cura di Patricia Urquiola in collaborazione con Federica Sala, che durerà fino al 20 gennaio.
Una mostra da vedere molto interessante e godibile.
Peccato che si basi sul travisamento della realtà storica che si manifesta già dal titolo per via di quella A maiuscola non puntata, che a mio parere avrebbe dovuto essere una I per riferirsi ai fratelli Castiglioni, dedicando quindi la mostra anche a Pier Giacomo (ma anche a Livio) il fratello con cui Achille ha condiviso i primi 24 anni di attività professionale e del quale ricorrerà, tra poco più di un mese, il cinquantenario della morte avvenuta il 27 novembre del 1968.
Le due ricorrenze avrebbero potuto offrire l’occasione per ricostruire in modo criticamente documentato il significato del sodalizio che, nato e affermatosi a Milano, ha contribuito in modo determinante a costruire un pezzo di quella cultura del design di cui la nostra città è stata caposaldo nella seconda metà del secolo scorso.
Su questo discutibile modo di presentare la figura di Achille Castiglioni, senza fare adeguatamente riferimento a Pier Giacomo avevo già avuto modo di esprimere il mio dissenso in occasione di un incontro, sempre in Triennale se non ricordo male, in occasione del decennale della sua morte.
Il nome di Pier Giacomo ricorre del tutto marginalmente nei testi della mostra che descrivono, con spreco di retorica, il pensiero e l’opera di Achille e ricorre solo con l’acronimo PG nelle decine di didascalie dei pezzi esposti che sono stati il frutto della loro collaborazione professionale.
Pezzi esposti che sono tuttavia presentati mischiando le carte, senza rispettare la cronologia che avrebbe consentito di comprendere meglio l’evoluzione del lavoro e del pensiero prima dei fratelli e poi di Achille più di quanto lo consentano i venti “cluster concettuali” concepiti dalla Urquiola, che di Achille è stata assistente al Politecnico.
Egli è stato un docente molto amato e seguito al Politecnico ma anche Pier Giacomo vi ha insegnato e, per quanto io l’abbia potuto frequentare molto poco, ho un bel ricordo di lui. In occasione di un convegno organizzato nell’anno accademico 66/67 alla Facoltà di Architettura da Vittorio Gregotti – di cui ero assistente – sull’insegnamento della progettazione architettonica.
Poiché insieme al convegno si era anche organizzata una mostra sulle esperienze delle altre scuole di architettura italiane, mentre a notte fonda stavo a fissare al muro i pannelli mi sono ritrovato a fianco proprio Per Giacomo che, da volontario, mi stava aiutando dandomi anche qualche prezioso consiglio su come disporli.
Quando si organizza una mostra di tale interesse storico bisognerebbe sempre affidare il compito di curarla a persone che non abbiano avuto rapporti troppo stretti con le figure di cui si tratta per evitare che i sentimenti di riconoscenza possano compromettere il senso critico e l’impegno interpretativo del curatore.
A parte qualche foto distribuita qua e là nella mostra, i due fratelli non si vedono quasi mai insieme, salvo in una bella gigantografia su una tenda a pannelli che a un certo punto si deve attraversare. Ecco, per me quella tenda rappresenta la metafora del lavoro da fare per ristabilire la verità storica tra prima e dopo anche mettendo criticamente a confronto quanto prodotto dal sodalizio dei fratelli con quanto fatto da Achille dopo la morte di Pier Giacomo.
Ieri sera ponendo brevemente la questione a Stefano Boeri, mi è stato detto che se ne è discusso molto, ma dato che la mostra è stata programmata da prima della sua nomina a presidente, non si è potuto far nulla e, per rimediare, ci si propone di dedicare un apposito evento a Pier Giacomo Castiglioni.
Riflettendoci mi sembra che una tale iniziativa rischierebbe di confermare l’equivoco mentre sarebbe opportuno proporsi di ristabilire la verità storica organizzando un convegno dedicato ai FRATELLI CASTIGLIONI contestualizzando il loro contributo all’interno della cultura del design nel secondo dopoquerra.
Cordiali saluti.
Emilio Battisti
Dearest friends,
Yesterday saw the opening at the Triennale of an exhibition dedicated to Achille Castiglioni entitled A CASTIGLIONI (“To Castiglioni”), marking the centenary of his birth. It is curated by Patricia Urquiola in collaboration with Federica Sala, and will run until 20 January.
It is a very interesting and enjoyable exhibition.
It is a pity that it is based on a misrepresentation of the historical reality, and one that is clear from the title, addressed as it is to only one man: in my opinion it should have been “To the Castiglionis”, thereby also dedicating the exhibition to Pier Giacomo (as well as Livio), the brother with whom Achille shared the first 24 years of professional activity and whose death fifty years ago on November 27, 1968 is also being marked.
The two anniversaries could have provided an opportunity to reconstruct, in a critically documented way, the meaning of this partnership, born and developed in Milan, which made such a decisive contribution to the design culture of which our city was a cornerstone in the second half of the last century.
On this questionable way of presenting the figure of Achille Castiglioni, without due reference to Pier Giacomo, I had already had the opportunity to express my dissent at a meeting, also at the Triennale if I remember correctly, on the occasion of the tenth anniversary of his death.
The name of Pier Giacomo barely features in the exhibition texts which describe, with excessive rhetoric, the thought and work of Achilles and merely use the acronym PG in the dozens of captions for pieces that were the result of their professional collaboration.
The pieces themselves are shuffled like a deck of cards, obscuring the chronology that would have offered more insight into the evolution of the work and thought of the brothers first, and later of Achilles than the twenty “conceptual clusters” conceived by Urquiola, Achille’s assistant at the Politecnico.
He was a beloved and influential lecturer at the Politecnico, but Pier Giacomo also taught there and, although I did not have the opportunity to spend much time with him, I have one fond memory of him. It was at a conference held in the academic year 66/67 at the Faculty of Architecture by Vittorio Gregotti – of whom I was the assistant – on the teaching of architectural design.
Alongside the conference, there was an exhibition on the experiences of other Italian schools of architecture. While I was fixing panels to the walls late at night, I found myself in the company of Giacomo who had volunteered to give me a hand as well as some valuable advice on how to display them.
When organizing an exhibition of such historical interest, the task of curating should never be assigned to people who were very close to the figures in question, to prevent any feelings of gratitude from compromising the critical and interpretative role of the curator.
Apart from a few photos scattered throughout the exhibition, you almost never see the two brothers together except in a beautiful blow-up photograph on a screen that visitors must pass at a certain point. Well, for me, that screen is a metaphor of the work required to restore the historical truth regarding the before and the after, including by critically comparing the output of the brothers’ partnership with that of Achilles after the death of Pier Giacomo.
Last night, when I asked Stefano Boeri about this briefly, he said there had been much discussion on the matter, but since planning for the exhibition had begun before he was appointed president, there was nothing he could do. However, to remedy the situation, they planned to dedicate a special event to Pier Giacomo Castiglioni.
On reflection, it seems to me that such an initiative may even reinforce the misunderstanding, and that it would in fact be appropriate to propose restoring the historical truth by organizing a conference dedicated to the CASTIGLIONI BROTHERS, contextualizing their contribution within the post-war culture of design.
Best regards,
Emilio Battisti
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