Pier Giacomo Castiglioni ovvero il coraggio della modestia
Pier Giacomo Castiglioni, the courage of modesty
Ricordo di Massimo Vignelli
L’Arch. Giorgina Castiglioni, figlia di Pier Giacomo, propone la testimonianza di Massimo Vignelli sulla fugura del padre, con un ricordo personale e intenso.
Se ben ricordo era l’autunno del 1947. Un altro di quegli autunni milanesi con cielo basso, nebbia e umidità nell’aria. In Corso di Porta Nuova in fondo a destra proprio prima che la strada finisca c’era una casa milanese, con un cortile ed in fondo in una costruzione separata lo studio dello scultore Castiglioni; al piano terreno vicino all’ingresso, c’era lo studio dei suoi figli, gli Architetti Livio, Pier Giacomo e Achille Castiglioni. Al piano di sopra l’abitazione della Famiglia con la Mamma a capo. Una tipica famiglia di Artigiani dell’Arte, come esistevano un tempo in Lombardia, dove tutta la famiglia era coinvolta nel “mestiere”, con somma modestia e grande compattezza.
Quando parlavano, il loro linguaggio era ancora quello di un tempo non ancora corrotto dai media, dalla fama, dai miti. Livio era il primo dei tre fratelli, e la sua passione fondamentale era la radio, quella dei radioamatori di un tempo.
Ogni momento libero Livio lo passava, con la cuffia auricolare in testa, davanti alle sue apparecchiature con le quali si metteva in contatto col mondo, tra parole e gracchianti rumori. Aveva una stanzetta separata, parte dello studio.
Pier Giacomo ed Achille invece erano al tavolo da disegno nello studio vero e proprio.
Ioi ero ancora al secondo anno del Liceo Artistico, avevo 16 anni ed ero appassionato di architettura. Attraverso le riviste conoscevo di già un più del lavoro dei Castiglioni, per cui quando seppi che avevano bisogno di un “tiralinee” per passare a china i disegni per la presentazione di un Concorso, mi offrii e con mia sorpresa fui assunto per lo scopo. Era la prima volta in vita mia che andavo a lavorare e l’emozione per me era enorme. Perdipiù non ero mai stato in uno studio professionale. Lo studio era tipicamente monastico, lampade industriali smaltate di bianco, bianche librerie Lips Vago piene di posate, il modello della stupenda radio Phonola, una delle prime icone dell’Italian Style, sedie da campo Moretti. Livio aveva 36 anni, Pier Giacomo 34 e Achille 29. A ripensarci, ragazzi anche loro, con un loro linguaggio già chiaro basato su una economia quasi monastica da un lato ed una immaginazione sempre alla ricerca di soluzioni nuove e appropriate alla loro destinazione.
Pier Giacomo, detto Popo, era il saggio del gruppo, Achille, detto Cici, era il creativo e dissacrante, e Livio a parte, come radioamatore, diventerà più tardi il primo consulente per impianti acustici e illuminotecnici. Pier Giacomo e Achille dialogavano le loro creazioni, in un misto tra entusiamo e modestia, senza pretese in un gioco continuo, con il loro tipico ghigno fatto torcendo la faccia verso sinistra, quasi un loro gergo d’intesa. Mi affascinava la loro attenzione verso gli oggetti umili, popolari, le sediee pieghevoli, l’oggetto trovato, il collezionismo dell’oggetto spontaneo e dei giocattoli da mercatino… Improvvisamente i miei occhi si aprivano verso un mondo che mi era sempre stato intorno ma inosservato.
Così nascevano il sedile da trattore, la sella di bicicletta, su una base semisferica, la forchetta coltello, e tanti altri design, trasformazioni di oggetti presi in prestito da altre provenienze. Quasi un Dadaismo del Design. La loro strada era già segnata e continuerò a raffinarsi sempre di più influenzando definitivamente il corso del Design in generale e quello Italiano in particolare. Erano sempre loro che per primi ponevano in discussone le basi del pensiero moderno, sviluppandolo al di là dei soliti formalismi. Il loro metodo era la ricerca della specificità e la ri-invenzione dell’uso. Sia Pier Giacomo che Achille ogni volta trovavano una nuova dimensione del problema da cui nascevano nuove soluzioni. Basti pensare alle mostre inTriennale negli anni ’50 o allo Splugen Brau Ristorante negli anni ’60 dove i commensali diventavano parte di uno spettacolo articolato su diversi livelli. Mai visto prima. Per loro non era una soluzione logica, naturale. Niente arroganza creativa, niente “guarda come sono bravo” niente di tutto questo, solo il loro sorriso, il loro ghigno particolare, la proiezione del loro sense of humor. Come dire “si, va bene, ma….”.
In quell’Autunno del ’47 il progetto su cui dovevo lavorare era il concorso per il Palazzo della Permanente, un edificio per esposizioni in via Turati a Milano, proprio di fronte a dove abitavo io a quel tempo.
Si usava che i disegni base erano fatti a matita e poi su carta trasparente venivano “lucidati” ovvero ripassati con inchiostro di china dai giovani aiutanti come me.
Era mezzanotte della sera prima della consegna del progetto, quando a un certo punto ho urtato il boccettino dell’inchiostro di china, che si è rovesciato tutto sul disegno principale del progetto. Al grido di costernazione seguì il pallore dei fratelli che rivoltesi a me mi chiesero, “e adesso?”. “Adesso lo rifaccio” risposi con un sorriso inteso a rassicurarli, e preso un altro foglio lo stesi sopra l’originale e incominciai a rifare tutto. Ora di mattina il disegno fu finito e prontamente consegnato in tempo insieme a tutti gli altri prima della scadenza dell’ultima ora. Con mia grande soddisfazione il progetto dei Castiglioni vinse il concorso e per il resto della nostra vita, l’emozione dell’inchiostro versato rimase leggendaria.
La nostra amicizia è rimasta viva per sempre e ogni volta che tornavo a Milano ci si incontrava e lo stesso era ogni volta che venivano a New York.
Forse è vero, i media parlano più spesso di Achille che non di Pier Giacomo Castiglioni, e forse dimenticano che Popo era fondamentalmente il punto di riferimento di Cici, se non altro per quella piccola differenza di età tra i due. Pier Giacomo era quello che dava autorevolezza alle idee se mai è esistito uno spazio di tempo tra le idee dei due fratelli.
In realtà i fratelli Castiglioni erano una sola persona. La simbiosi di pensiero, la capacità creativa, l’ispirazione e l’esecuzione erano parte integrante del loro essere. Parlare con uno di loro o con tutti e tre di loro era lo stesso, erano completamente intercambiabili, stessa voce, stesso accento, stesso ghigno, stessa risata, stessi gesti. Erano i Castiglioni, come il loro lavoro, frutto indivisibile di una stessa ricerca, di una stessa passione, di una grande abilità a trasformare il mondo che ci sta intorno in un nuovo memorabile gesto.
Con loro si è chiusa una grande stagione del Design Italiano.
Pier Giacomo Castiglioni, the courage of modesty
If I remember right it was the autumn of 1947. Another of those autumns in Milan with low sky, fog and humidity in the air. In Corso di Porta Nuova, just before the end of the road on the right, there was a Milanese house, with a courtyard and in the rear, in a separate building, there was the studio of the sculptor Castiglioni, on the ground floor, next to the entrance, there was the atelier of his sons, the architects Livio, Pier Giacomo and Achille Castiglioni. Upstairs, the house of the Family, and Mum, as the head . A typical family of Art Artisans, as existed once in Lombardy , when the whole family was involved in the “profession”, with the highest modesty and great closeness.
When they spoke, their language was still that of the time when it was not yet corrupted by the media, the fame, the myths. Livio was the first of the three brothers, and his primary passion was the radio, that of the old radio amateurs.
Livio spent every spare moment , headset on his head, in front of his equipment , gettingt in touch with the world, between words and crackling noises. He had a separate small room, inside the atelier.
Pier Giacomo and Achille, on the other hand, were in the atelier at the drawing table.
I was still attending the second year of art school, I was 16 and keen on architecture. I already knew most of the works of Castiglioni brothers through magazines, so when I heard that they were looking for a “drawing pen” to pass their designs to china for a presentation of a competition , I applied and to my surprise I was hired for that purpose. It was the first time in my life that I was going to work and I was extremely excited. What’s more, I had never been in a professional studio. The atelier was typically monastic, white glazed industrial lamps, white Lips Vago libraries full of cutlery, the model of the amazing radio Phonola, one of the first icons of Italian style, camp chairs Moretti. Livio was 36 years old, Pier Giacomo 34 and Achille 29. As I recall, they were guys too, with already their own, clear language based on a quasi-monastic economy on one hand and an imagination always looking for solutions, innovative and appropriate to their destination.
Pier Giacomo, also called as Popo, was the wiseman of the group, Achille, called as Cici, was the creative and irreverent one, and Livio aside, as radio amateur, would later become the first consultant for sound and lighting systems. Pier Giacomo and Achille debated about their creations, in a mixture of enthusiasm and modesty, without presumption of a continuous game, with their typical sneer by twisting the face to the left, almost a jargon between them. I was fascinated by their attention towards the humble and popular objects, folding chairs, found objects, by collecting spontaneous objects and market toys …
Suddenly my eyes opened to a world that had always been there but unnoticed.
Thus the tractor seat, the bicycle seat on a hemispherical base, the fork knife and many other designs were born, resulting from the transformation of the objects borrowed from other background. Almost a Design Dadaism. Their path was already marked and will continue to refine more and more definitely influencing the course of design in general and Italian design in particular. They were always the first to discuss the foundations of modern thought, developing it beyond the usual formalism. Their method consisted in researching the detail and reinventing the end use. Every time, both Pier Giacomo and Achille found a new dimension of the problem from which new solutions arose. Just think of the exhibitions inTriennale in the 50s or the 60s or the Splugen Brau restaurant in the 60s where diners became part of a show, structured on different levels. Never seen before. For them it was a logical and natural solution. No creative arrogance, no “look how good I am”, none of this, only their smile, their particular sneer, the projection of their sense of humor. How to say “yes, okay, but …”.
In that autumn of ’47 the project on which I had to work was the competition for Palazzo della Permanente, an exhibition building in Via Turati in Milan, right in front of where I lived at the time.
The custom was to draw the basic designs with pencil and afterwards polish them on transparent paper, in other words young helpers like me retouched them with ink.
It was midnight on the night before the delivery of the project, when at one point I hit the Indian ink vial, which spilled over all the main design of the project. At the cry of dismay followed by a paleness of the two brothers who asked me, “and now what?”.
“Now I’ll do it again,” I said with a smile meant to reassure them, and, took another sheet, laid it over the original and began to redo everything. The following morning the design was finished and promptly delivered on time along with all the others before the deadline. To my great satisfaction the design of Castiglioni won the competition and for the rest of our lives, the emotion of spilled Indian ink remained legendary.
Our friendship has remained alive for ever since and every time I came back to Milan we met and it was the same every time they were in New York.
Perhaps it is true, the media talk more often of Achille rather than of Pier Giacomo Castiglioni, perhaps forgetting that Popo was basically the point of reference of Cici, at least because of the small age difference between the two. Pier Giacomo was the one who gave authority to the ideas if ever existed a space of time between the ideas of the two brothers.
In fact, the Castiglioni brothers were one person. The thoughts symbiosis, creativity, inspiration and execution were an integral part of their being. Talk to one of them or to all three of them was the same, they were completely interchangeable, same voice, same accent, same sneer, same laugh, same gestures. They were the Castiglioni brothers, like their work, indivisible result of the same research, the same passion, a great ability to transform the world around us in a new memorable gesture.
With them a great season of Italian Design ended.
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