Un ricordo di Pier Giacomo
A memory of Pier Giacomo
ITALO LUPI
Continuano le pubblicazioni delle memorie di Pier Giacomo Castiglioni, testimonianze di chi l’ha conosciuto e lo ricorda con stima e rispetto anche dopo tanti anni. Giorgina Castiglioni, la figlia, concede questa importante testimonianza di Italo Lupi.
ITALO LUPI
The publication of memories of Pier Giacomo Castiglioni continues, the memories of those who knew him and remember him with admiration and respect even after many years. Giorgina Castiglioni, his daughter, provides this important recollection by Italo Lupi.
Con i Fratelli Castiglioni c’era, da parte mia, già un amore prima ancora che ci incontrassimo e prima che una occasione determinasse conoscenza, amicizia e il privilegio di essere scelto poi da Pier Giacomo come suo assistente al corso di Disegno dal Vero, al Politecnico. Amore che oltrepassava l’ammirazione, che nasceva immediato in chi ha avuto la fortuna di vedere i loro allestimenti per RAI e Montecatini alla vecchia Fiera di Milano: una stupefacente architettura, coltissimo variare di calibro tra spazi contratti e poi dilatati, tra giochi di luci sapienti e indissolubile partecipazione di una grafica distillata e modernissima. Solo Erberto Carboni e Munari mi sembravano poter stare alla pari di queste strabilianti invenzioni, di una architettura dove tutto era espresso con una sintesi che riconduceva la comunicazione alla sua essenza.
C’è stata una occasione precisa per quell’ incontro che è stato poi determinante per la mia formazione.
Piero Bassetti, allora intelligente assessore del Comune di Milano (Giunta Cassinis), aveva immaginato una mostra sui Canali Navigabili che dal mare avrebbero potuto portare merci e derrate fino a Milano e mi aveva promosso membro del Comitato Scientifico del catalogo. Sapendo del mio interesse di giovanissimo neo-laureato per l’architettura e la grafica, mi aveva chiesto se la sua scelta di incaricare Ignazio Gardella e Gigi Caccia Dominioni del disegno dell’allestimento della mostra a Palazzo Reale, fosse una buona scelta.
Certo, la scelta era intelligente e sapiente, perché i due architetti erano il meglio che la professione tradizionale potesse offrire e la mia stima e amicizia per loro era totale. Ma suggerii subito che per una mostra così particolare, che necessitava di strumenti di comunicazione molto diretti, solo i Castiglioni, solo loro, coadiuvati dallo scenografo Luciano Damiani e da Max Huber, potevano garantire un successo pieno e popolare. Fui ascoltato e Pier Giacomo e Achille Castiglioni, con Damiani, fecero una delle loro mostre capolavoro in un Palazzo Reale completamente trasformato da interventi “poveri”, ma di straordinario impatto scenografico e ricco di memorie concettuali, di contenuti nitidamente spiegati e accessibili.
Da qui sono nate conoscenza e amicizia e la scelta di poter fare l’assistente di Pier Giacomo per un corso che si chiamava ancora Disegno dal Vero,ma che Castiglioni aveva, ovviamente, trasformato in altro, togliendo polvere e accademia all’insegnamento, restituendolo all’intelligenza dell’osservazione dei fenomeni e della loro traduzione disegnata con nuovi strumenti.
Pier Giacomo era uno straordinario signore di grande bellezza ed eleganza, di non tante parole, ma con obbiettivi e precisione straordinaria nel definire gli scopi del corso.
Le riunioni, il professore e noi assistenti, avvenivano in quel luogo magico che era lo studio in Piazza Castello: un luogo che da solo introduceva in una intelligenza così palese che riduceva il design alla sua essenza. Una operazione di leggerezza interpretativa, di capacità di osservare, di forte intensità etica nel sottrarsi a mode e ambigui commerci. Pier Giacomo ascoltava, paziente e attento, capace subito dopo di quella sintesi che lo rendeva straordinario e giusto.
Queste riunioni avvenivano sempre dopocena e dalle nove si protraevano, senza un momento di noia, fino a mezzanotte, con Pier Giacomo non solo attento, ma pronto subito dopo a scattare sul lavoro vero con il fratello Achille che a quel punto compariva in studio. E avveniva quel miracoloso osservare come da un cartoncino, senza tracciato, ma con il solo uso di un paio di forbici i due fratelli potevano ricavare un esatto plastico di uno di quei loro fantastici padiglioni espositivi. Una ineguagliabile lezione che, per tutti noi, spesso chiudeva in bellezza queste riunioni.
Pier Giacomo ci convocava telefonando a casa, dicendo invariabilmente, se rispondeva mia moglie “Sono l’architetto Castiglioni” Non diceva sono il Professore, semplicemente “sono l’architetto” con la stessa normalità che avrebbe potuto usare un elettricista o un idraulico nel dichiarare subito la propria professione. Questa era la fierezza del mestiere, la sapienza di chi sa usare gli strumenti del lavoro orgogliosamente, ma modestamente, fiero e consapevole, molto meneghino.
Pier Giacomo, straordinario in tutto.
On my part, there was already love for the Castiglioni Brothers even before we met and before a meeting resulted into acquaintance, then friendship and the privilege of being chosen by Pier Giacomo as his assistant in the Drawing from Life course at the Polytechnic. It was a love that went beyond admiration, that was born immediately in all those who had the good fortune to see their installations for RAI and Montecatini at the old Fiera Milano: an astonishing architecture, an extremely sophisticated variation of scale between contracted and then dilated spaces, with expert plays of light and an indissoluble participation of distilled and very modern graphics. Only Erberto Carboni and Munari seemed to me to be on par with these stunning inventions, with an architecture where everything was expressed through a synthesis that brought communication back to its essence.
There was a specific occasion for the meeting which was decisive for my professional development.
Piero Bassetti, at the time an enlightened Councillor of the Municipality of Milan (during Cassinis’ mayorship), had envisaged an exhibition on the Navigable Canals that could bring goods and supplies from the sea to Milan and appointed me a member of the Scientific Committee for the catalogue. Knowing of my interest as a very young recent graduate in architecture and graphics, he asked me if his choice of Ignazio Gardella and Gigi Caccia Dominioni as designers of the set-up of the exhibition at Palazzo Reale was a good one.
I certainly did think this was an intelligent and wise choice, as these two architects were the best that the traditional profession could offer and I had the greatest admiration and friendship for them. Yet, I immediately suggested that for such a particular exhibition, requiring very direct communication tools, only the Castiglioni brothers, assisted by the set designer Luciano Damiani and by Max Huber, could guarantee a full and popular success. He listened to me, and Pier Giacomo and Achille Castiglioni, together with Damiani, created one of their masterful exhibitions in a Palazzo Reale completely transformed by interventions that were “low key” but with an extraordinary scenic impact, rich in conceptual memories and clearly explained and accessible content.
This encounter generated an acquaintance and a friendship, as well as the opportunity to assist Pier Giacomo in a course that at the time was still called “Drawing from Life”, but which Castiglioni had naturally transformed into something else, removing dust and academia from teaching, restoring it to the intelligence of observing phenomena and translating them by drawing with new tools.
Pier Giacomo was an extraordinary gentleman, a man of great beauty and elegance, of not many words but with clear objectives and exceptional precision in defining the aims of the course.
The meetings between professor and us, his assistants, took place in that magical place that was the studio in Piazza Castello: the place itself introduced you to a very keen intelligence, capable of reducing design to its essence. An operation of interpretative lightness, of ability to observe, of strong ethical intensity in its avoidance of fashions and ambiguous marketing. Pier Giacomo used to listen patiently and attentively and then could immediately summarize things in a way that proved him extraordinary and right.
These meetings always took place after dinner, and lasted from nine until midnight, without a dull moment. Pier Giacomo was not only attentive but immediately ready to dive into the real work with his brother Achille, who at that point would make his appearance in the studio. And then it was miraculous to observe how from a piece of cardboard, without any tracing, using only a pair of scissors, the two brothers could produce an exact model of one of their fantastic exhibition pavilions. An unparalleled lesson that often ended these meetings on a high note for all of us.
Pier Giacomo would summon us by ringing us at home, always introducing himself, if my wife answered, by saying: “This is the architect Castiglioni.” He didn’t say, “This is the Professor” but simply “This is the architect,” in the same simple way that an electrician or plumber might use when declaring their profession. This stemmed from pride in his craft, from the wisdom of those who know how to use the tools of their work confidently yet modestly; proud and self-aware, very much a Milanese.
Pier Giacomo, extraordinary in everything.
Italo Lupi, gennaio 2008.
Un parziale di questa testimonianza è ripreso dal nuovo libro di Italo Lupi: Autobiografia Grafica (ed. Corraini) ISBN: 978-88-7570-373-8
Italo Lupi, January 2008.
Part of this recollection is taken from Italo Lupi’s new book: Autobiografia Grafica (Corraini Publishers) ISBN: 978-88-7570-373-8